Trento, 1 marzo 2012
DISEGNO DI LEGGE
Modificazioni della legge elettorale provinciale
in materia di Giunta provinciale e di incompatibilitÀ
Relazione
Il presente disegno di legge prende origine da alcune distinte motivazioni politiche che nell’epoca attuale possono trovare convergenza per offrire al Trentino un meccanismo di governo della Provincia autonoma meno gravoso dal punto di vista finanziario e più attento al rispetto dei ruoli e degli equilibri tra i diversi soggetti che compongono il quadro istituzionale.
La soluzione alle motivazioni qui sollevate trova la sua sintesi nell’archiviazione di un meccanismo che è stato introdotto nel 2003, prima delle elezioni della XIII legislatura ed in chiusura di una XII legislatura ricordata come una delle più conflittuali e meno efficaci nella storia del Consiglio provinciale nonché nell’introduzione di altri correttivi come ad esempio, in casi ben limitati, il “voto di fiducia”.
Il meccanismo di cui si propone il superamento è la cosiddetta “porta girevole”, con la quale si opera la netta distinzione tra la funzione di governo, esercitata dal presidente e dagli assessori, e quella legislativa, esercitata dai consiglieri. Come noto, la nomina di un assessore da parte del presidente comporta l’automatico subentro in aula del primo dei non eletti della corrispondente lista, in quanto l’assessore non potrà svolgere attività consiliare salvo quando l’argomento non sia quello per il quale ha la competenza delegata dal presidente.
Questo meccanismo è stato mutuato dal modello amministrativo dei Comuni maggiori ed è legato all’elezione di tipo presidenziale, nell’ambito della quale la figura del leader viene ad assumere grandi poteri. Tra i quali, oltre alla nomina e revoca degli assessori, addirittura quello di poter sciogliere in un qualunque momento l’assemblea legislativa. Un modello nel quale il legislatore dell’epoca ha affidato grandi speranze, anche come comprensibile reazione di fronte ad uno spettacolo poco edificante di inefficienza amministrativa, ma che sembra aver poco a vedere con la storia, con la cultura e con la tradizione politica di un territorio come il Trentino, nel quale per lunghi secoli la democrazia è stata esercitata in maniera originale e molto partecipata.
Giunti quasi in prossimità del termine della seconda legislatura in cui è stata applicata questa modalità di governo si possono dunque trarre dei giudizi e proporre delle correzioni.
Evidentemente, come in tutte le situazioni, possono essere portati ad esempio dei pro e dei contro. Senz’altro a favore può essere il giudizio riguardante la maggiore possibilità dell’aula di esercitare le funzioni tipiche di un’assemblea di tipo parlamentare. Non ne va solo del prestigio intrinseco del Consiglio: la possibilità che il legislatore possa esercitare la propria funzione “a tempo pieno”, senza l’assillo del dover governare i fenomeni del “giorno dopo giorno” ha favorito nei fatti la partecipazione ai lavori, la presenza istituzionale, la quantità della proposta politica (ovviamente per la qualità lasciamo il giudizio ai cittadini) come possono ben evidenziare le banche dati del Consiglio provinciale. Non si può certo dimenticare la scarsa presenza ai lavori d’aula e di commissione da parte dei consiglieri-assessori e la scarsa produttività legislativa che hanno caratterizzato la storia consiliare fino al 2003. Così come sarebbe scorretto non ricordare il “mercato” della bouvette del Consiglio quando i consiglieri-assessori trasferivano dai propri uffici al palazzo della Regione tutti gli impegni dei rispettivi assessorati, appuntamenti compresi.
Il lato negativo della medaglia è però rappresentato, a nostro avviso, da almeno due limiti. Il primo è di ordine economico ed è pertanto rilevante in questa fase storica. Il subentro di un certo numero di consiglieri comporta un aumento di costi per le casse pubbliche, nell’ordine di alcuni milioni di euro nell’arco di una legislatura. Il secondo è di ordine strettamente politico. Il sistema vigente, oltre a creare un grande confine tra il presidente della Provincia – con i suoi poteri “esagerati” rispetto alla tradizione popolare della nostra terra – ed i suoi assessori, che possono in ogni istante essere “rispediti” in Consiglio senza le deleghe, mandando a casa il consigliere subentrato, ha creato nei fatti una “voragine” tra gli assessori, singolarmente o complessivamente considerati ed il Consiglio provinciale, che è apparso in questo modo molto spesso subalterno ed estraneo all’attività di governo. La frequente assenza dall’aula degli assessori, quand’anche non fosse stata esplicitamente prevista dalla legge la loro presenza ai lavori, ha creato un’immagine irreale del Consiglio. L’intero, potentissimo governo provinciale è stato spesso rappresentato in aula, davanti al parlamentino interamente schierato, da un solo assessore, in alcuni casi quello “tecnico” che non ha nemmeno (ma non per colpa sua, ovviamente) l’avvallo del voto popolare. Inoltre, diversi assessori – nell’arco delle due legislature – hanno mostrato oggettivamente scarsa attenzione verso i lavori dell’aula e grande distacco nei confronti delle proposte dei consiglieri, sia di maggioranza che di minoranza. Ciò probabilmente non sarebbe accaduto, o si sarebbe manifestato in misura molto minore, se l’assessore fosse stato anche “collega” del consigliere e se le due figure avessero lavorato fianco a fianco ogni giorno.
Chi scrive è stato, per così dire, “beneficiario” del sistema della “porta girevole”, in quanto non sarebbe diventato consigliere nel corso della XIII legislatura senza la presenza del meccanismo ora criticato. Gli oltre 400 atti politici presentati nel corso della legislatura 2003-2008, tra i quali ben 40 proposte di legge ed oltre 160 proposte di mozione, e la costante presenza ai lavori dei consigli (provinciale e regionale) e delle commissioni dimostrano esattamente quanto poc’anzi dichiarato, ovvero che senza gli impegni di governo dati dall’assessorato, un consigliere a tempo pieno può produrre al massimo delle proprie competenze e capacità, svolgendo compiutamente il mandato nell’interesse della collettività. Abbiamo sostenuto, anche in aula e pubblicamente, questa testi considerandola prevalente. I tempi però stanno cambiando e comportano anche una parziale revisione di quelle che sembravano certezze quasi assolute, anche alla luce di una crisi economica molto pesante che ha ridotto le risorse della nostra Provincia.
Onestà intellettuale impone oggi di porre sulla bilancia anche gli elementi di criticità, sopra descritti ed in particolare la questione dei costi. E’ vero che un Consiglio provinciale ben funzionante non è un “costo” bensì un “investimento” per una democrazia. Ma in questo frangente storico, nel quale ai cittadini vengono chiesti sacrifici prima inimmaginabili e che potrebbero comunque non essere sufficienti, alla classe politica è chiesto un sacrificio supplementare: lavorare ancora di più e costare ancora di meno.
Un altro argomento sostenuto dai critici della “porta girevole” è dato dal fatto che si crea una sproporzione tra quello che è il voto popolare e quella che è la composizione del rapporto maggioranza/minoranza dopo la nomina degli assessori, poiché la prima viene ad essere composta di un numero aggiuntivo di rappresentanti, in pratica un secondo “premio di maggioranza”. Infine, si prospetta spesso il confronto con la Provincia autonoma di Bolzano, simile per territorio, popolazione e competenze. In questo caso, si dimentica però un dettaglio: a Bolzano è presente una maggioranza politica talmente ampia, in termini numerici, da potersi permettere anche l’assenza dai lavori dell’aula di un certo numero di assessori in quanto vi è un numero ampiamente sufficiente di consiglieri, tale da assicurare in ogni momento il regolare svolgimento dei lavori.
Vi è un’altra considerazione di ordine politico che suggerisce di avanzare delle modifiche alla situazione attuale. All’indomani delle elezioni, il presidente eletto nomina la giunta attingendo gli assessori dalle liste degli eletti dei partiti che ne hanno sostenuto la candidatura. Nel corso della prima legislatura il presidente l’ha fatto tenendo conto di tutte le forze politiche che hanno espresso una loro rappresentanza in Consiglio; nella seconda legislatura no. Rispetto alla prima legislatura si è creata pertanto una situazione di non corrispondenza tra forze politiche costituenti la maggioranza e forze politiche costituenti la giunta provinciale (a margine va segnalato il caso della UAL, forza di maggioranza ma non di giunta in entrambe le legislature, partito politico di rappresentanza della minoranza ladina fassana al quale però la legge assicura un posto in Consiglio). La legge non ha previsto alcun meccanismo per assicurare una corrispondenza tra le due forze, poiché si tratta di una questione prevalentemente politica. La giunta provinciale non è solo un organo con una valenza di tipo amministrativo, ma è bensì un luogo ad elevata valenza politica, nel quale frequentemente le forze che compongono la coalizione che sostiene un presidente si confrontano su innumerevoli questioni, inserite originariamente nel programma condiviso oppure emerse successivamente. Pertanto, può accadere il caso che non vi sia più la corrispondenza tra la giunta e la maggioranza consiliare. Ciò può succedere fin dalla prima seduta del Consiglio, oppure in un momento successivo della vita istituzionale. L’introduzione, suggerita attraverso questo disegno di legge, di un momento di dibattito completato da un voto di “fiducia” consente di riallineare il rapporto tra maggioranza e governo provinciale, che oggettivamente potrebbe venire meno già all’indomani delle elezioni, in occasione della composizione della giunta, oppure all’atto delle dimissioni del presidente della Provincia occorse nell’ultimo anno del suo mandato. In questo caso, infatti, la legge prevede che al presidente subentri il suo vicepresidente. Già, ma il presidente è eletto sulla base di un suffragio universale e di un modello elettorale di tipo presidenziale; il vicepresidente è invece nominato “sulla fiducia” dal presidente. Come può, un vicepresidente che non è stato eletto presidente, assumere un ruolo con un peso politico così elevato solo su “delega” e senza nemmeno un confronto, un dibattito ed un voto politico dell’assemblea legislativa? Chi garantisce che il vicepresidente delegato possa raccogliere la stessa fiducia di tutte le forze politiche che hanno sostenuto la candidatura, l’elezione e l’attività di governo del presidente eletto? Nessuno, ovviamente.
Ed allora, la presentazione davanti all’aula di un programma di governo e di una giunta, l’introduzione di un dibattito consiliare ed il conseguente voto possono assicurare non solo un ruolo adeguato e maggiore dignità al Consiglio, ma anche maggiore valenza e forza politica al neo presidente ed alla sua giunta, quand’anche in carica per un solo anno di legislatura.
Un altro possibile intervento di modifica che va nell’ordine di ridurre i costi della politica e di migliorare l’assetto della giunta è costituito dalla riduzione del numero degli assessori, dagli 8 attuali a 7. Con il superamento della figura dell’assessore “tecnico”, introdotta sempre nel 2003 prevedendo addirittura che ben 3 assessori potessero essere figure di fiducia del presidente non elette. Le due legislature di applicazione di questo elemento ne suggeriscono il superamento, per i motivi seguenti. Innanzitutto è opportuno che, per ridare piena dignità al rapporto tra cittadini ed eletti e tra Consiglio e Giunta provinciale, tutti gli assessori godano dell’avvallo popolare, siano stati cioè eletti consiglieri. La Provincia può contare nel suo organico su ben 100 dirigenti, tutte persone dotate di professionalità ed esperienza, e su decine di dirigenti di società partecipate. E’ impossibile che in Trentino non esista un “tecnico” in grado di gestire delle funzioni che il presidente desideri delegare. Le vicende passate insegnano che quando un assessore si è dimesso, il presidente ha tenuto per se’ le deleghe, affidandone di fatto la gestione ad un dirigente provinciale. Dunque il presidente, che per legge è il titolare di tutte le deleghe, una volta distribuite le stesse ai propri assessori politici, può tranquillamente tenerne per se’ una parte e coinvolgere nella loro gestione “tecnica” uno o più dirigenti provinciali. Senza ricorrere ad un assessore esterno. Si afferma questo senza voler esprimere alcuna critica nei confronti dei tre assessori tecnici che si sono succeduti nell’arco di queste due legislature. Anzi, grande rispetto verso queste tre persone che sono state certamente all’altezza del mandato conferito loro dal presidente. Qui non si criticano le persone, ma si evidenziano i limiti del modello. Una legge deve avere, come sappiamo, i caratteri della generalità e dell’astrattezza e deve prescindere dalle persone che ne potranno essere sottoposte od interpreti. Si diceva dei costi della politica. Un assessore in meno significa oltre un milione di euro di risparmio per il bilancio pubblico nell’arco di una legislatura. Inoltre, la riduzione in termini assoluti del numero degli assessori avvicina di più Trento al modello di Bolzano, consentendo anche ad una maggioranza non molto ampia di poter avere almeno 10-12 consiglieri a tempo pieno.
L’occasione di intervenire sulla legge provinciale consente infine di “ritoccare” alcune previsioni che di fatto rendono la nostra norma tra le più rigide di tutta Italia per quanto attiene le incompatibilità. Da noi diventano incompatibili, rispetto alla funzione di consigliere provinciale/regionale anche i dirigenti – e non solo gli amministratori od i direttori – di realtà che beneficiano in maniera marginale della contribuzione della Provincia. Una limitazione eccessiva, a nostro parere, dell’elettorato passivo e della libertà dei cittadini di poter partecipare alla vita politica della massima istituzione provinciale.
Descrizione del disegno di legge
Il primo articolo interviene sull’articolo 2 della legge elettorale provinciale. Il primo comma mira ad aumentare i poteri del Consiglio provinciale ed a valorizzarne il ruolo: la presentazione, a cadenza annuale, di una relazione sullo stato di attuazione del programma responsabilizza maggiormente il presidente e la giunta nei confronti dell’aula, con la possibilità di rinnovare il patto di solidarietà tra la maggioranza politica e la sua espressione governativa. Il secondo comma integra la legge prevedendo il voto di fiducia all’inizio della legislatura, dopo la comunicazione all’aula del programma e dei nominativi degli assessori. Anche in questo modo si intende potenziare e valorizzare il ruolo del Consiglio, fornendo l’occasione per confermare il sostegno della maggioranza consiliare al presidente eletto ed alla sua squadra.
Con il secondo articolo si integra l’articolo 5 della legge elettorale, prevedendo analogo voto di fiducia anche per il neopresidente subentrato nell’ultimo anno al presidente dimissionario.
Il terzo articolo modifica in alcuni punti sostanziali il vigente articolo 8. Con il primo comma si riduce il numero degli assessori, da 8 a 7. Il comma 2 riduce il potere del presidente sugli assessori e per l’effetto combinato di questo con i commi successivi si superano la presenza in giunta di un assessore “tecnico” non eletto e l’esperienza della cosiddetta “porta girevole”.
L’articolo 4 rende meno vincolanti i casi di incompatibilità per l’elezione alla carica di consigliere provinciale.
L’articolo 5 abroga l’articolo 19 della legge elettorale, che si occupa dell’assessore “tecnico”.
Cons. Roberto Bombarda
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Disegno di legge
Art. 1
Modificazioni
dell’articolo 2
della legge provinciale
5 marzo 2003, n. 2
(legge elettorale provinciale)
1. La lettera e) del comma 1 dell'articolo 2 della legge elettorale provinciale è sostituita dalla seguente:
"e) presenta annualmente al Consiglio provinciale, in un'apposita seduta, una relazione sullo stato di attuazione del programma di legislatura, con indicazione dei provvedimenti connessi, approvati o ancora da approvare. Il Consiglio può modificare o integrare queste indicazioni, con un'apposita risoluzione. I provvedimenti specificamente indicati dal programma o dalla risoluzione sono esaminati dal consiglio usando metodi di programmazione dei lavori;".
2. Dopo il comma 1 dell’articolo 2 della legge elettorale provinciale è inserito il seguente:
“1 bis. Dopo la presentazione del programma di legislatura e la comunicazione dei nominativi degli assessori il Consiglio provinciale esprime la sua fiducia nei confronti della giunta, con mozione motivata e con le modalità stabilite dal regolamento interno del Consiglio. Se la fiducia non è concessa dalla maggioranza dei suoi componenti il Consiglio è riconvocato entro gli otto giorni successivi, per una seconda votazione; se la fiducia non è concessa neppure in quest'ultima votazione si applica l'articolo 7, commi 5 e 6.”.
Art. 2
Integrazione
dell'articolo 5
della legge elettorale
provinciale
1. Dopo il primo periodo del comma 3 dell'articolo 5 della legge elettorale provinciale è inserito il seguente: ", previa votazione di una mozione, ai sensi e con gli effetti dell'articolo 2, comma 1 bis".
Art. 3
Modificazioni
dell’articolo 8
della legge elettorale
provinciale
1. Il comma 1 dell’articolo 8 della legge elettorale provinciale è sostituito dal seguente:
"1. La Giunta provinciale è composta dal Presidente della Provincia e da non più di sette assessori, nominati dal presidente fra i consiglieri provinciali.".
2. Il comma 2 dell'articolo 8 della legge elettorale provinciale è sostituito dal seguente:
"2. Entro dieci giorni dalla sua proclamazione il Presidente della Provincia nomina gli assessori e attribuisce ad uno di essi le funzioni di vicepresidente. A ogni assessore è attribuita la competenza di settori omogenei, relativi al complesso delle attribuzioni di uno o due dipartimenti provinciali.".
3. Il comma 3 dell'articolo 8 della legge elettorale provinciale è abrogato.
4. Il comma 5 dell'articolo 8 della legge elettorale provinciale è abrogato.
Art. 4
Modificazioni
dell’articolo 17
della legge elettorale
provinciale
1. Nelle lettere d) ed e) del comma 1 dell'articolo 17 della legge elettorale provinciale le parole: ", assessore o consigliere" sono sostituite dalle seguenti: "o assessore".
2. Nelle lettere a), b), c) e d) del comma 4 dell'articolo 17 della legge elettorale provinciale le parole: "o dirigente" sono soppresse.
Art. 5
Abrogazione
dell’articolo 19
della legge elettorale
provinciale
1. L’articolo 19 della legge elettorale provinciale è abrogato. |